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Antonio Bardino

Il respiro delle piante

A cura di Daniele Capra

Casa Cavazzini

Liceo Classico Statale Jacopo Stellini

Udine

Dal 20 dicembre 2024 al 3 marzo 2025

Casa Cavazzini Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Udine e il Liceo Classico Statale Jacopo Stellini di Udine sono lieti di presentare la personale di Antonio Bardino Il respiro delle piante, curata da Daniele Capra. Il progetto – realizzato in partnership con l’Assessorato alla Cultura e l’Assessorato alla Salute del Comune di Udine – è un unicum nel panorama espositivo del nostro paese e nasce da una sinergia tra istituzioni grazie a cui vengono a unirsi arte contemporanea e partecipazione collettiva degli studenti. Il respiro delle piante è costituito, infatti, da una mostra e da un programma di collaborazioni che mette al centro gli studenti.

L’evento è il primo episodio di Future Life, il progetto che nei prossimi anni sarà sviluppato all'interno della nuova project room del museo, ubicata al primo piano dell'edificio. Esso si articolerà in una serie di mostre personali degli artisti più rappresentativi della creatività contemporanea a cui verrà chiesto di misurarsi con le tematiche proposte dall’Agenda 2030 dell’ONU. Agli artisti selezionati si chiederà di lavorare focalizzando i 17 obiettivi individuati dal documento, sotto il profilo della sostenibilità ambientale e del benessere socioeconomico.

La mostra raccoglie una quindicina di lavori su tela realizzati da Bardino negli ultimi anni che hanno per tema le piante da appartamento e la presenza dell’elemento vegetale in contesti fortemente antropizzati. La mostra indaga la vitalità della natura e la sua presenza silenziosa, ma vitale e debordante, che sembra sfuggire al controllo umano. Le piante dipinte da Bardino diventano dei lussureggianti pezzi di paesaggio vegetale, degli inattesi e selvaggi ritagli di natura ospitati nella cattività delle mura domestiche. Le opere saranno ospitate sia a Casa Cavazzini (nella project room al primo piano e nell’appartamento) che presso l’Aula Magna dello Stellini.

A questo è affiancato un programma di collaborazioni con gli studenti del Liceo Stellini che prevede la collocazione di piante domestiche negli spazi del museo in cui sono allestite le opere, la loro cura, e un programma di visite guidate portato avanti dagli stessi studenti durante il periodo mostra. Tale progetto è la naturale evoluzione de La natura entra a scuola: le piante in classe, realizzato presso il Liceo Stellini sotto la guida dei docenti Claudio Bardini e Roberta Costantini. L’iniziativa ha visto, negli scorsi mesi, gli studenti insieme agli insegnanti e al personale ATA dello Stellini adottare alcune piante domestiche negli spazi delle classi e prendersene cura sia nei periodi di scuola che durante le vacanze. Una pratica di benessere individuale e di attenzione nei confronti della collettività e dell’ambiente.

Nell’ottica della partecipazione e del ruolo attivo degli studenti nello spazio pubblico, la mostra di Bardino è così l’occasione per estendere delle buone pratiche anche agli spazi di un’istituzione espositiva, stimolando la conoscenza e la frequenza del museo. Gli studenti, inoltre, saranno coinvolti in attività di guida della mostra rivolte sia al pubblico giovanile delle scuole superiori, che ai visitatori di Casa Cavazzini.

La ricerca di Antonio Bardino (Alghero, 1973) è caratterizzata da un interesse verso i contesti antropizzati, la natura e gli elementi vegetali, che per l’artista testimoniano, con la loro floridezza, forme di resilienza al feroce potere antropico. Per Bardino – dedito in maniera esclusiva alla pittura a olio – alberi, piante da giardino o da appartamento costituiscono i personaggi ribelli di un terzo paesaggio che è in opposizione alla presenza umana, che viene del tutto ignorata e silenziata. Sono i vegetali a parlare, a costruire un nuovo mondo e a serbarne memoria per i posteri, con i loro vividi colori.

A. Il respiro delle piante post 1

 

B. Il respiro delle piante storia 1

Casa Cavazzini – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea

14 dicembre 2024 - 16 marzo 2025

mostra a cura di Lorenzo Lazzari

Casa Cavazzini, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Udine, ospita l’ottava edizione di Mind The Gap, la mostra dal titolo Come costruisci le immagini dell’altro?
Mind the Gap è un progetto dedicato alle arti visive contemporanee, con un focus sulle immagini in movimento che, ispirandosi alla figura di Franco Basaglia, persegue un’idea di cultura come dispositivo per attivare e coinvolgere persone, luoghi e comunità attorno alle istanze del presente attraverso un approccio interdisciplinare.
Le opere esposte sono messe in relazione tra di loro per evidenziare alcune modalità con le quali la cultura occidentale ha costruito, nella Storia recente e non solo, l’immagine dell’alterità, ai fini di legittimare il dominio coloniale anche attraverso storia dell’arte, salute mentale, progresso tecnologico, cinema e nuovi media.
Il titolo della mostra prende spunto da un’operazione concettuale di Alfredo Jaar. Nel 2013 l’artista cileno diede un nuovo significato alla citazione del fotografo statunitense Ansel Adam “You do not take a photograph. You make it” (Non prendi una fotografia. La fai), stampandola in multipli di grande formato che il pubblico poteva prendere e portare con sé. Questa azione completava l’opera di Jaar evidenziando la differenza tra take (prendere) e make (fare). Ogni immagine non è infatti un semplice ritaglio di mondo, ma una sua determinata concezione, e tutto ciò che sta al suo interno, che prendiamo spesso come dato, è invece costruito.
A partire da questa riflessione, cinque opere film e video di Invernomuto (Italia), Gelare Khoshgozaran (Iran), Little Warsaw (Ungheria), Stefan Kruse (Danimarca), Eleonora Roaro (Italia) sono esposte a Casa Cavazzini insieme a una proiezione di Caterina Erica Shanta (Italia) al Cinema Visionario. L’intento è quello di sollevare domande proprio sui modi in cui costruiamo le immagini con le quali sovrascriviamo i desideri, le istanze, le culture e i corpi.
L’ottava edizione di Mind The Gap si caratterizza per un importante crescita e istituzionalizzazione del progetto, con una presenza capillare e diffusa sul territorio regionale e su aree urbane periferiche. La mostra è integrata da un denso programma di laboratori artistici partecipativi per le scuole, percorsi formativi e incontri divulgativi e di approfondimento interdisciplinare, che coinvolgono non solo gli artisti in mostra ma anche una serie di relatori provenienti da Università e Istituzioni culturali per affiancare alla prospettiva artistica conoscenze di tipo storico, sociologico, scientifico e filosofico.
Mind The Gap è un progetto di Altreforme, in collaborazione con Musei Civici di Udine, realizzato con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli, Fondazione Pietro Pittini, Boato International, Legacoop.
Per scoprire di più sugli artisti e le opere in mostra e per conoscere gli appuntamenti del public program si può visitare il sito web www.projectmindthegap.it

Castello, mezzanino e Museo Friulano della Fotografia

25 ottobre 2024 - 11 gennaio 2025 prorogata fino al 27 aprile 2025

La mostra ospitata dai Musei del Castello di Udine è promossa e organizzata dalla Società Alpina Friulana in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dalla sua fondazione. L'esposizione racconta la “mont furlane”,  una riflessione su un luogo che ha dato vita nel corso del tempo a una originale civiltà ricca di aspetti culturali, sociali, economici e ambientali unici. 

Storia, esplorazione, alpinismo ed etnografia, cambiamenti climatici e prospettive future: questo si vedrà nei due piani dei Civici Musei del Castello dove è ospitata la mostra, che è è promossa e organizzata dalla Società Alpina Friulana in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dalla fondazione.

Il percorso espositivo che si snoda negli spazi del primo piano del Museo del Castello a Udine propone sguardi e letture possibili delle montagne di oggi e di ieri. In due sale del Museo Friulano della Fotografia trova spazio il patrimonio storico e iconografico dell’Alpina Friulana, in parte depositato ai Civici Musei, in parte frutto di prestiti da istituzioni e privati e finora mai esposto nellasua completezza.

Importanti le collaborazioni che hanno reso possibile l’allestimento, in primis l’Università degli studi di Udine nella sua articolazione di terza missione che è Cantiere Friuli. La collocazione della mostra completa l’evento perché è proprio dal Colle del Castello che si ha la più ampia visione delle montagne che contornano la città ed è qui che i primi illustratori ne disegnarono i profili, come si vede in mostra.

Hanno inoltre collaborato Geoparco Alpi Carniche, Circolo Speleologico ed Idrologico Friulano, Museo Etnografico di Malborghetto e Museo Carnico Michele Gortani di Tolmezzo.

L’esposizione riceve il sostegno della Fondazione Friuli, del Club Alpino Italiano, il contributo del Consorzio Tutela del Formaggio Montasio, i patrocini di Comune di Udine, Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, Fondazione Dolomiti Unesco, Fondazione Giovanni Angelini-Centro Studi sulla montagna, Cai Friuli Venezia Giulia e Associazione internazionale Rete Montagna.

Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Museo Etnografico del Friuli

via Grazzano 1 Udine – Palazzo Giacomelli

dal 15 novembre 2024 al 9 febbraio 2025

venerdì-domenica 10-18

 

La mostra fotografica K. I diavoli delle foreste è il risultato di un progetto durato cinque anni, realizzato dal fotografo padovano Roberto Masiero (1974 - ) nella zona del Tarvisiano. L'obiettivo dell'artista è quello di raccontare la persistenza e l'evoluzione di una tradizione popolare attraverso i suoi protagonisti più spaventosi, i Krampus, non solo durante il giorno dedicato a San Nicolò, ma in tutti i giorni dell'anno. Un’esposizione ricca e potente che celebra anche il ricchissimo patrimonio naturalistico della millenaria foresta di Tarvisio.

 

L’esposizione si articola in due sezioni distinte: la prima mette in luce, attraverso materiale audiovisivo risalente agli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, i caratteri tipici della tradizione. Segue una sezione dedicata alle fotografie che Roberto Masiero ha realizzato in collaborazione con i gruppi Krampus della Val Canale durante i suoi anni di ricerca.

 

La mostra è realizzata grazie al contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Attività ed eventi culturali inerenti alle festività natalizie 2024, e con il patrocinio di GO! 2025 Nuova Gorica-Gorizia, Città di Tarvisio, Comunità di montagna del Canal del Ferro e Val Canale, Open Leader S.Cons.A.R.L.

 

Per informazioni:

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+39 0432 1272591

ex chiesa di San Francesco

14 dicembre 2024 - 26 gennaio 2025

orari di apertura: da martedì a venerdì 15-19, sabato e domenica 11-19, 25 dicembre (Natale) e 1 gennaio (Capodanno) 15-19

ingresso libero
 

L'ex chiesa di San Francesco ospita anche quest'anno la mostra fotografica organizzata dall'IRPAC - Istituto Regionale di Promozione e Animazione Culturale.

Così come il territorio di Udine e Pordenone è stato protagonista della prima tappa del progetto triennale TRASFORMAZIONI, raccontato attraverso lo sguardo di una fotografia autoriale attenta tanto al dato documentario quanto a quello estetico-artistico, Trieste e la sua provincia è protagonista della seconda annualità prevista dal progetto.
Per conformazione geografica e per conformazione sociale, è in primis la città, il fulcro attorno a cui ruota la narrazione, ma anche la straordinaria varietà del paesaggio, tra Carso e mare, e la peculiarità della sua architettura, che hanno sempre trovato costante riscontro nella tradizione fotografica locale, ma anche tra i fotografi geograficamente confinanti, spesso attratti dall’aurea imperiale e colta, ma anche dalla varietà paesaggistica, del territorio giuliano.
Anche qui il percorso non può che iniziare dagli atelier cittadini, spesso, in ragione della storica vocazione cosmopolita del capoluogo giuliano e il suo legame con il mondo tedesco, tramandano nomi dal suono teutonico, come Francesco Benque, attivo in città dal 1864 e fino al 1921, o come Giuseppe Wulz, con il suo atelier aperto nel 1860, con una produzione che non si limita ai ritratti, ma si estende anche alla rappresentazione di paesaggi e di momenti di vita dal vero. La dinastia dei Wulz, il figlio di Giuseppe, Carlo e le nipoti Wanda e Marion, attraversa tutto il Novecento, fino al 1981. Alla città e alla sua ricca storia, per lunghi tratti anche drammatica, la fotografia artistica locale ha dedicato
innumerevoli scatti, che verranno selezionati sulla base della loro capacità di raccontare i luoghi emotivi che evocano, dalle architetture romantiche del Porto Vecchio al suggestivo “inferno” della Ferriera di Servola, dal castello di Miramare alla mostruosità indicibile di San Saba, le vicende a cui rimandano, i volti che conservano all’ingiuria del tempo.
Oltre agli studi fotografici capaci di generare dinastie lunghe un secolo, come i Wulz si attingerà ad altri autori presenti nel tessuto produttivo triestino – tra cui due fotografe donne come come Anna Scrinzi, Emilia Manenizza – come Mario Circovich, Adriano De Rota, Alfonso Mottola, e a fotoamatori attivi nel contesto dei circoli fotografici e in quelli espositivi, oltre alle due principali agenzie di stampa presenti storicamente in città, Ugo Borsatti e Giornalfoto, dove si sperimentava un nuovo e più iconico segno impatto del fotografico narrativo, sulla scorta delle lezioni del raffinato fotogiornalismo statunitense.

Non mancano gli sguardi “esterni” sul territorio di alcuni autori friulani, tra cui Italo Michieli, Carlo Dalla Mura, Andrea Arduini.
Anche la storia della comunità slovena ha il suo cantore più efficace, Mario Magajna, per oltre mezzo secolo straordinario narratore sulle pagine del Primorskj Dvenik, il quotidiano in lingua slovena stampato a Trieste, della vita quotidiana del Carso e della Benecja e autore di grande efficacia formale.
Anche il lungo lavoro di Claudio Erné, che ha a lungo documentato il lavoro sul campo di Franco Basaglia nell’ospedale psichiatrico di Trieste, oltre che tante altre vicende triestine per i settimanali locali e nazionali, tra i quali “L’Espresso”, è testimoniato come trait d’union tra vecchio e nuovo fotogiornalismo.
In tempi più vicini al presente e alle esperienze dell’arte contemporane a declinate per via fotografica, il territorio sarà restituito, spesso trasfigurato dall’elaborazione espressiva dei soggetti, nelle immagini del Carso triestino di Tullio Stravisi, o il recupero dei tecniche fotografiche antiche come il foro stenopeico, nell’opera di Andrej Furlan, o i montaggi in Polaroid di Massimiliano Muner o i progetti sulla memoria di Elisa Biagi.

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