7 dicembre 2023 - 28 aprile 2024

Casa Cavazzini, Museo d'Arte Moderna e Contemporanea

orari e biglietti

L’esposizione “Gino Valle. La professione come sperimentazione continua” curata da Francesca Albani e Franz Graf, in collaborazione con l’Archivio Studio Valle di Udine, con il patrocinio dell'Accademia di Mendrisio, dell'Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Udine, Confindustria e sponsor tecnico Fantoni, è il primo esito di una ricerca internazionale finalizzata ad una rilettura tematica dell’attività di Gino Valle tra gli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Ottanta.

L’intensa attività di Gino, architetto di Udine nato nel 1923 di cui quest’anno si festeggiano i cent’anni dalla nascita, è ampiamente nota, ma finora sono rimaste sotto traccia molte sfumature che riguardano l’aspetto collettivo del lavoro all’interno dello Studio e il suo profondo coinvolgimento nel dibattito sociale, architettonico e culturale del tempo, a cui diede sempre una personale ed originale risposta. La selezione delle opere proposta nella mostra vuole essere rappresentativa di questo lavoro collettivo in un ampio arco temporale, dalla tesi di laurea di Gino nel 1948 fino agli anni Ottanta e dell’ampiezza dei temi affrontati sia nella sua terra, il Friuli, ma anche in diverse parti di Italia e del mondo. La produzione architettonica di Gino Valle è il frutto di tante sollecitazioni, da quelle architettoniche e culturali del gruppo di lavoro all’interno dello studio, a quelle desunte dai diversi contesti sociali in cui operò. Molti furono gli stimoli provenienti dalla committenza o dall’attualità delle tematiche oggetto di dibattito, oltreché dalle condizioni specifiche dei diversi incarichi.

Il grande patrimonio costruito che Gino Valle ci ha lasciato, estremamente articolato e ancorato ai luoghi e al tempo in cui fu prodotto, rappresenta un’importante testimonianza non solo dell’attività di uno dei progettisti più poliedrici e raffinati del Secondo Novecento, ma anche della società che lo ha prodotto di cui ne esprime le istanze culturali, economiche e politiche. Rileggere oggi il lavoro di uno degli studi di architettura, che ha prodotto in maniera continuativa in un lasso di tempo ampio alcune delle opere più rilevanti dell’epoca, interpretando di volta in volta le diverse istanze culturali e sociali, deve portare alla consapevolezza che la loro permanenza rappresenti un importante momento all’interno della cultura italiana e una presenza vitale per la città contemporanea pluristratificata.

25 novembre 2023 - 7 aprile 2024

Castello, Galleria d'Arte Antica

orari e biglietti

 

14 dicembre 2023 – 7 aprile 2024

Gorizia, Palazzo Attems Petzenstein

 

Mostra a cura di Liliana Cargnelutti, Vania Gransinigh e Alessandro Quinzi.

L’arte non conosce frontiere. Semmai fa di un limite amministrativo, geografico, politico un luogo di incontro e di contaminazioni, un palcoscenico su cui misurarsi alla conquista di nuovi mercati.

“Pittori del Settecento tra Venezia e Impero”, promossa dai Civici Musei di Udine e dai Musei Provinciali di Gorizia, curata da Liliana Cargnelutti, Vania Gransinigh e Alessandro Quinzi, di tutto ciò offre un’affascinante testimonianza. La grande esposizione allestita su due sedi - Castello di Udine dal 25 novembre 2023 e Palazzo Attems Petzenstein a Gorizia dal 14 dicembre 2023 fino al 7 aprile 2024 (unico il catalogo) - mette in luce l’osmosi tra aree storicamente riconducibili a differenti entità statali. Quello che oggi è il Friuli Venezia Giulia fu, sino al 1797, anno della caduta della Serenissima Repubblica di San Marco, terra contesa tra Venezia, che esprimeva il suo dominio sulla “Patria del Friuli”, e l’Impero asburgico che dominava il Goriziano, Trieste e la contigua Slovenia. Lingue, tradizioni, visioni diverse, ma non per gli artisti e la loro arte, uomini e donne che traghettarono i loro originali modi di esprimere l’arte in territori non abituali, trovandoli recettivi.

“Nel ‘700 ad Udine, attorno alla figura geniale di Giambattista Tiepolo che lavorò più volte per una committenza friulana, si mettono in luce altri artisti nativi friulani di che hanno successo proprio a Venezia. Tra di loro Sebastiano Bombelli, Nicola Grassi, Luca Carlevarijs che, pur scegliendo di trasferirsi in Laguna, continuarono a mantenere rapporti di lavoro con la terra d’origine. Altri, veneziani, raggiungono il Friuli per affiancare Tiepolo nel rispondere alle richieste della committenza friulana. Tra loro Gian Antonio Guardi, Giambattista Piazzetta, Gaspare Diziani, Francesco Fontebasso. Le loro opere friulane offrono motivi d’ispirazione per gli artisti locali. Come avviene con Francesco Pavona o Francesco Chiarottini, entrambi attivi lungo i due versanti del confine tra le terre imperiali e veneziane”, anticipa Vania Gransinigh.

La Contea di Gorizia diventa presto uno snodo importante per quegli artisti veneziani che puntano ad affermarsi nelle terre imperiali. Esemplari i casi di Giulio Quaglio o quello della famiglia Pacassi che da Venezia si trasferì dapprima a Gorizia e nel secondo decennio del Settecento, con Giovanni Pacassi e lo scultore Pietro Baratta estese, con successo, l’attività a Vienna. La crescita della città e del suo entroterra, in connessione con il rinnovo architettonico delle chiese in senso post tridentino e barocco, vede verso la metà del secolo l’affermarsi delle botteghe del palmense Pietro Bainville, di Antonio Paroli, di schietta formazione veneziana e di Johann Michael Lichtenreit, bavarese ma goriziano d’adozione. Su questo panorama si stagliano singoli episodi di committenze qualificate. Tra questa fitta trama di rapporti spiccano commissioni importanti: il Conte Sigismondo Attems Petzenstein commissiona al veronese Giambettino Cignaroli per l’altare di famiglia, mentre il conte Livio Lantieri crea una collezione di pastelli di Francesco Pavona. Una moda, quella del pastello, che prese piede dopo la visita in città dell’imperatore Carlo VI nel 1728 quando raggiunse il capoluogo isontino Rosalba Carriera, anch’essa mossa dalla speranza, che si rivelerà fondata, di allacciare i rapporti con l’alta nobiltà viennese. Proprio in quell’occasione ritrasse anche alcuni membri della famiglia Lantieri. Nello stesso periodo, la storia del Friuli veneto fu segnata dall’ascesa sociale di famiglie di recente nobiltà come quella dei Manin, mentre le personalità di Giovanni, Dionisio e Daniele Dolfin nelle vesti di Patriarchi di Aquileia assicurarono, in questo lembo di terraferma veneziana, il consolidarsi di una cultura figurativa di marca prevalentemente veneziana.

“Gli studi e le ricerche portati a compimento negli ultimi trent’anni hanno dimostrato come la trama di rapporti culturali reciproci tra le diverse aree della regione siano molto più stratificati e differenziati di quanto non si pensi. Un intero secolo separa la figura del pittore di origini lombarde Giulio Quaglio, che dopo aver lavorato per una decina d’anni a Udine decorando i palazzi della nobiltà cittadina di nuova nomina si trasferì agli inizi del Settecento a Lubiana passando per Gorizia, da quella di Franz Caucig/Kavčič, che nato nel capoluogo isontino, visse a Vienna prestando la sua opera anche per una nobile committenza goriziana oltre che viennese. Tra questi due estremi si colloca un contesto variegato e composito, punteggiato di personalità artistiche dalla formazione e dai trascorsi più diversi che contribuirono in maniera determinante alla definizione di una congerie figurativa debitrice tanto dell’arte veneta quanto di quella oltralpina nelle aree territoriali in cui la regione Friuli Venezia Giulia si suole suddividere”, chiosa Alessandro Quinzi.

5 maggio - 10 settembre 2023 prorogata al 1° ottobre 2023

Castello di Udine

orari e biglietti

Una sequenza di edizioni illustrate e di incisioni che spazia tra Cinquecento e fine Settecento, racconta l’importanza della Serenissima come centro di produzione calcografica e tipografica e il suo fondamentale contributo alla cultura artistica friulana. La mostra è realizzata dalla Triennale Europea dell’Incisione in collaborazione con il Comune di Udine - Civici Musei, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, La Fondazione Friuli e con il patrocinio dell'Università degli Studi di Udine.

L’esposizione, a cura di Giuseppe Bergamini e Isabella Reale, va a completare il programma di attività proposto dall’Associazione nella ricorrenza dell’anniversario dell’annessione dei territori del Friuli alla Serenissima, con l’intento di mettere a fuoco il vivace intreccio culturale e artistico intercorso con Venezia tra il 1420 e il 1797 emergente dall’analisi della produzione incisoria e dall’editoria illustrata.

Dopo aver trattato nel 2021 il tema della cartografia e della vedutistica con Piante e vedute, attraversando idealmente il Friuli in un lungo viaggio nel tempo, guidati da mappe e scorci dei principali centri cittadini, nel 2022 è stata valorizzata l’attività dei principali incisori friulani che, collaborando con i maestri della pittura veneziana, operarono “Sotto l’ala del leone di San Marco”, distinguendosi nella stampa d’invenzione e in quella di traduzione, in qualità di illustratori presso i tipografi e gli editori veneti. Questa loro attività ora trova integrazione con lo sguardo rivolto al territorio friulano da parte degli incisori veneziani, che si è incrociato con quello degli artisti, degli intellettuali, storici, letterati e teologi protagonisti della cultura in terra friulana, dando vita a una produzione che sia a livello di illustrazione libraria, sia attraverso la diffusione e circolazione della stampa sciolta destinata ad un pubblico sempre più ampio di collezionisti, svolse un ruolo fondamentale per la conoscenza e la divulgazione delle opere d’arte, per l’indirizzo del gusto e la formazione degli stessi artisti friulani, oltre ad aver incentivato le raccolte degli amateurs che sta alla base delle collezioni di grafica delle nostre istituzioni museali, cui appartiene la maggior parte delle incisioni in mostra per l’occasione oggetto di studi specifici e di ampia valorizzazione.

L’esposizione, che conta un’ampia sequenza di edizioni illustrate e incisioni di alto valore storico e artistico, spaziando tra vari generi, vedute, cartografie, ritratti, scene allegoriche, tributi alle famiglie friulane più in vista quali i Manin, ai più autorevoli protagonisti della cultura del tempo, affianca ai fogli sciolti le principali edizioni illustrate dalle quali spesso quelle stesse incisioni, già frontespizi, antiporte, tavole, mappe, sono state separate; edizioni realizzate dagli stampatori della Serenissima dei cui torchi peraltro si avvalsero anche molti autori friulani. Fra i principali protagonisti della tradizione incisoria veneziana che operarono per il Friuli, figurano Jacopo e Isabella Piccini, Andrea e Francesco Zucchi, Antonio Baratti, Marco Alvise Pitteri, Giambattista Brustolon, Marco Sebastiano Giampiccoli, Vincenzo Giaconi, Francesco Novelli, Giannantonio Zuliani. A questi si affiancano autori di nascita friulana che furono fonte di ispirazione per artisti e illustratori veneziani, qui presenti con preziose e rare edizioni come il Teatro della memoria (1550) di Giulio Camillo detto il Delminio e il Viaggio da Venetia a Costantinopoli (1598) di Giuseppe Rosaccio, e tra le edizioni più rare in mostra anche l’Istoria delle turbolenze della Polonia (1774-1775) che l’autore, Giacomo Casanova, volle stampare a Gorizia.

Completa l’esposizione un ricco catalogo a cura di Giuseppe Bergamini e Isabella Reale.

7 ottobre 2023 - 11 febbraio 2024

Castello, Museo Friulano della Fotografia 

orari e biglietti

Sclavanie, la Slavia friulana, è l’area storico-geografica situata al confine tra l’Italia e la Slovenia, che presenta una struttura linguistica molto complessa e unica nel suo genere, grazie alla sua posizione geografica che la rende un punto di passaggio obbligatorio sulle direttrici europee nord-sud, est-ovest.Qui si incontrano lingue latine e slave, eredità di un passato che ha visto queste popolazioni vivere le une affianco alle altre, un microcosmo in cui Davide Degano affonda parte delle proprie origini.

Sclavanie, per Davide Degano, è oggi un progetto fotografico con uno sguardo etnografico, una ricerca ed un’indagine sulla memoria, sul fare comunità e sull’abitare una terra che si è via via spopolata, ma nella quale resistono tradizioni e cultura.

La fotografia permette una lettura prospettica del contemporaneo: a partire dall’osservazione del paesaggio, dallo sguardo sulle forme del vivere, dal rapporto con la natura, dall’essere collettività legata alle tradizioni, porta ad una riflessione su quali siano i possibili scenari di sviluppo di questo territorio, opportunità o minacce per il futuro.

L’indagine sui temi dell’emigrazione e dello spopolamento dei borghi montani si lega alla riscoperta dei luoghi che permettono una buona qualità del vivere, ad una nuova visione del rapporto con la natura e delle forme dell’abitare.

 

NOTA BIOGRAFICA

Davide Degano si è laureato in Arti Visive e Design, con specializzazione in fotografia, presso l’Accademia delle Belle Arti (Royal Academy of Arts, KABK) dell’Aia, Olanda, ricevendo una menzione d’onore allo Paul Schuitema Award.

Sin dagli anni accademici ha partecipato a diverse mostre collettive e personali nazionali e internazionali. I suoi progetti sono stati pubblicati da piattaforme come Urbanautica, British Journal of Photography, ItsNiceThat, The Photographic Journal, Icon Magazine e Der Greif.

Il suo lavoro è orientato alla narrazione di storie e progetti a medio e lungo termine dove il medium fotografico diventa strumento di esplorazione e riflessione sui problemi contemporanei legati alla sua esperienza personale. Esplora il concetto di “locale” nelle sue varie sfaccettature: personale, regionale e italiana.

La sua metodologia d’indagine e di documentazione ha le caratteristiche di uno studio antropologico; utilizza ritratti, paesaggi, dettagli ambientali e materiale d’archivio per presentare la storia utilizzando un approccio interdisciplinare.

Nel 2021 ha pubblicato con Penisola Edizioni il suo primo libro fotografico che viene presentato in mostra: Sclavanie, edito da Steve Bisson in collaborazione con l’Istituto Urbanautica.

Il nuovo progetto di Degano, Romanzo Meticcio, è stato selezionato per Giovane Fotografia Italiana 2023 ed è stato esposto durante Fotografia Europea. Il progetto è stato inoltre selezionato come finalista al Discovery Award ed esposto al festival europeo di Braga.

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