ex chiesa di San Francesco
14 dicembre 2024 - 26 gennaio 2025
orari di apertura: da martedì a venerdì 15-19, sabato e domenica 11-19, 25 dicembre (Natale) e 1 gennaio (Capodanno) 15-19
L'ex chiesa di San Francesco ospita anche quest'anno la mostra fotografica organizzata dall'IRPAC - Istituto Regionale di Promozione e Animazione Culturale.
Così come il territorio di Udine e Pordenone è stato protagonista della prima tappa del progetto triennale TRASFORMAZIONI, raccontato attraverso lo sguardo di una fotografia autoriale attenta tanto al dato documentario quanto a quello estetico-artistico, Trieste e la sua provincia è protagonista della seconda annualità prevista dal progetto.
Per conformazione geografica e per conformazione sociale, è in primis la città, il fulcro attorno a cui ruota la narrazione, ma anche la straordinaria varietà del paesaggio, tra Carso e mare, e la peculiarità della sua architettura, che hanno sempre trovato costante riscontro nella tradizione fotografica locale, ma anche tra i fotografi geograficamente confinanti, spesso attratti dall’aurea imperiale e colta, ma anche dalla varietà paesaggistica, del territorio giuliano.
Anche qui il percorso non può che iniziare dagli atelier cittadini, spesso, in ragione della storica vocazione cosmopolita del capoluogo giuliano e il suo legame con il mondo tedesco, tramandano nomi dal suono teutonico, come Francesco Benque, attivo in città dal 1864 e fino al 1921, o come Giuseppe Wulz, con il suo atelier aperto nel 1860, con una produzione che non si limita ai ritratti, ma si estende anche alla rappresentazione di paesaggi e di momenti di vita dal vero. La dinastia dei Wulz, il figlio di Giuseppe, Carlo e le nipoti Wanda e Marion, attraversa tutto il Novecento, fino al 1981. Alla città e alla sua ricca storia, per lunghi tratti anche drammatica, la fotografia artistica locale ha dedicato
innumerevoli scatti, che verranno selezionati sulla base della loro capacità di raccontare i luoghi emotivi che evocano, dalle architetture romantiche del Porto Vecchio al suggestivo “inferno” della Ferriera di Servola, dal castello di Miramare alla mostruosità indicibile di San Saba, le vicende a cui rimandano, i volti che conservano all’ingiuria del tempo.
Oltre agli studi fotografici capaci di generare dinastie lunghe un secolo, come i Wulz si attingerà ad altri autori presenti nel tessuto produttivo triestino – tra cui due fotografe donne come come Anna Scrinzi, Emilia Manenizza – come Mario Circovich, Adriano De Rota, Alfonso Mottola, e a fotoamatori attivi nel contesto dei circoli fotografici e in quelli espositivi, oltre alle due principali agenzie di stampa presenti storicamente in città, Ugo Borsatti e Giornalfoto, dove si sperimentava un nuovo e più iconico segno impatto del fotografico narrativo, sulla scorta delle lezioni del raffinato fotogiornalismo statunitense.
Non mancano gli sguardi “esterni” sul territorio di alcuni autori friulani, tra cui Italo Michieli, Carlo Dalla Mura, Andrea Arduini.
Anche la storia della comunità slovena ha il suo cantore più efficace, Mario Magajna, per oltre mezzo secolo straordinario narratore sulle pagine del Primorskj Dvenik, il quotidiano in lingua slovena stampato a Trieste, della vita quotidiana del Carso e della Benecja e autore di grande efficacia formale.
Anche il lungo lavoro di Claudio Erné, che ha a lungo documentato il lavoro sul campo di Franco Basaglia nell’ospedale psichiatrico di Trieste, oltre che tante altre vicende triestine per i settimanali locali e nazionali, tra i quali “L’Espresso”, è testimoniato come trait d’union tra vecchio e nuovo fotogiornalismo.
In tempi più vicini al presente e alle esperienze dell’arte contemporane a declinate per via fotografica, il territorio sarà restituito, spesso trasfigurato dall’elaborazione espressiva dei soggetti, nelle immagini del Carso triestino di Tullio Stravisi, o il recupero dei tecniche fotografiche antiche come il foro stenopeico, nell’opera di Andrej Furlan, o i montaggi in Polaroid di Massimiliano Muner o i progetti sulla memoria di Elisa Biagi.